Henri Meschonnic, "Un colpo di Bibbia nella filosofia"


Pensare è aguzzare l'orecchio per udire ciò che il rumore del segno zittisce.

Per lo strutturalismo non è un bel momento. Un antagonista originale è stato Henri Meschonnic, poeta, linguista e traduttore scomparso dieci anni fa. Stimato da Emilio Mattioli, che fu tra i suoi promotori, è presente in italiano con tre libri. Uno di questi è Un colpo di Bibbia nella filosofia (Medusa, 2005), dove affronta plurime questioni legate alla Bibbia, alle sue traduzioni e alla traduzione. Fu egli stesso traduttore della Bibbia e inevitabili sono i rimandi alla traduzione tedesca che ne fecero Martin Buber e Franz Rosenzweig. Sulla traduzione e sui molti luoghi comuni che la imbrigliano, nonché sulle distinzioni equivoche di poesia e prosa, Meschonnic inanella riflessioni corpose: rifiuta di arrendersi ai discorsi sul compromesso traduttorio, alla metafora del traghettatore (Caronte traghetta cadaveri). Serve vedere quel che un testo "fa" alla lingua. Il libro parte da un persuasivo ragionamento attorno al ritmo, trascurato a favore del protagonismo del segno (teologia e filosofia hanno spesso cancellato la poetica del ritmo nel testo). Il ritmo è stato davvero il fulcro dell'intera sua scrittura.

Henri Meschonnic  (Parigi, 18 settembre 1932 – Villejuif, 8 aprile 2009)

* "1234 spazi inclusi" e "ABC Aforismi Brani Citazioni" sono due coordinate per proporre qui, di tanto in tanto e con passo corto, delle segnalazioni di libri.

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