"La memoria è sempre un contrabbando": finalmente tutte le poesie di Bartolo Cattafi raccolte in volume

L'intervista che segue a Ada De Alessandri Cattafi e Diego Bertelli è apparsa su Librobreve nel marzo 2017. A quarant'anni dalla morte di Bartolo Cattafi, esce il volume Tutte le poesie curato da Diego Bertelli per l'editore Le Lettere, un'opera che rende disponibile i testi diventati quasi irreperibili di uno dei più grandi poeti del Novecento.




Bartolo Cattafi morì a Milano il 13 marzo 1979. Con l'intervista a Ada De Alessandri Cattafi, moglie del poeta, e a Diego Bertelli, studioso dell'opera cattafiana, vogliamo fare un punto sulle risorse disponibili attorno alla sua opera e capire cosa possiamo aspettare nei prossimi tempi.

LB: bartolocattafi.it è un interessante esempio di sito dedicato alla vita e all'opera di uno scrittore. Potete illustrare questo progetto web? Come nasce, come si arricchisce per arrivare al punto attuale e quali sono i prossimi sviluppi e integrazioni previste?
DB: Il sito è nato da una necessità ben precisa: quella di rendere fruibile la poesia di Cattafi al maggior numero di lettori possibile. Il fatto che l’opera del poeta sia andata a poco a poco scomparendo dalle librerie ha spinto Ada Cattafi a prendere questa decisione. Era il 2011. Aspettavamo la ristampa da parte della Mondadori dell’Oscar curato da Giovanni Raboni e Vincenzo Leotta, in cui era contenuta una selezione delle poesie di Cattafi raccolte e suddivise in ordine cronologico. Quella mancata uscita è stato un segnale d’allarme e ha reso il progetto impellente. Ada si è subito rivolta al Web Designer Enrico Brugnatelli e il progetto è partito. Abbiamo guardato ai siti già esistenti, specie a quello di Giovanni Raboni; volevamo fare qualcosa di simile, ma poi la nostra idea si è sviluppata autonomamente e il sito è divenuto un più ampio contenitore, e anche un luogo di fruizione di materiale ancora non disponibile. Abbiamo pensato che limitarci alla poesia avrebbe limitato le potenzialità del sito, in cui potevamo caricare materiale grafico e multimediale, aggiornare gli studiosi e non solo accontentare i lettori, ridare lo “stato dell’arte” di tutto l’Archivio del poeta, che in quel momento era sto solo parzialmente risistemato. Nel 2013 il sito è stato presentato ufficialmente a Firenze presso il Caffè Letterario Le Murate con Raoul Bruni, Vittorio Biagini e Paolo Maccari. Quel giorno c’erano anche Ada ed Elisabetta Cattafi e abbiamo contato su un’altra presenza molto importate, quella di Mladen Machiedo, studioso e traduttore, oltre che amico, del poeta. Da allora si è parlato molto del sito, che è divenuto un vero e proprio riferimento per chi si accinge a studiare la poesia di Cattafi e vuole essere aggiornato sull’opera, sugli interventi critici, sugli articoli e sulle uscite monografiche (ultima, quella di Silvia Freiles, «La parola illimitata» di Bartolo Cattafi, Aracne, 2016), e anche sulle traduzioni della sua poesia. Dopo molto lavoro, siamo arrivati oggi a integrare un’altra sezione per noi fondamentale, che è quella delle Traduzioni, ma di questo parlerò nello specifico più avanti. In generale, la volontà adesso è quella di poter arrivare ad avere a disposizione tutte le poesie, perché libere da qualsiasi forma contrattuale che ne vincoli i diritti. Abbiamo già tutti i testi in formato elettronico, un lavoro di copiatura che nel caso di Cattafi è stato enorme. Il progetto, che è stato e sarà ancora molto impegnativo, va in un certo senso di pari passo con la speranza riportare Cattafi in libreria in formato cartaceo. Più che mai necessaria è un’edizione completa della sua opera. Ma lascio che sia Ada a spiegare meglio la questione del “Tutto Cattafi”.


LB: La sezione dedicata alle traduzioni della poesia di Cattafi in altre lingue (con PDF scaricabili gratuitamente, così come generosi estratti dalle opere in italiano) mi sembra non abbia uguali, così anche come l'accurato lavoro di ricostruzione biografica. Potete soffermarvi su questi due aspetti, parlando della ricezione all'estero di Cattafi da un lato e del lavoro di ricostruzione biografica dall'altro?
DB: Si tratta di quello che ho chiamato in altra sede il “terzo tempo” della poesia di Cattafi. La traduzione rappresenta oggi il miglior modo per comprendere quanto la poesia di un determinato autore riesca a parlarci ancora, e nel caso di Cattafi la prova c’è. Un lavoro molto importante di diffusione è stato fatto da Philippe Di Meo in Francia, dove si conta un’attenzione particolare per alcune figure considerate o divenute marginali in casa nostra. Un caso che possiamo certamente affiancare a Cattafi è quello di Papini. Ma basti considerare anche un fatto come questo: l’inaugurazione, nel 2016, da parte dell'Istituto di cultura italiana di Parigi, del «Viale dei canti». Il progetto, di dimensioni 3m x 50m, è stato realizzato con la tecnica del graffito e dello spolvero dall'artista Giuseppe Caccavale e dal suo team di collaboratori. Sul muro dell'Hôtel Galliffet sono apparsi i versi di Giacomo Leopardi, Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli, Lorenzo Calogero e Bartolo Cattafi. Per quel che riguarda la poesia di Cattafi nello specifico, tra 2010 e 2014 Di Meo ha fatto uscire rispettivamente le raccolte L’allodola ottobrina e Marzo e le sue idi, precedentemente anticipate in rivista. Grazie all’eccellenza di queste versioni, Cattafi oggi in Francia è un poeta letto, diffuso e discusso anche dagli intellettuali italiani che lavorano lì, come nel caso di Andrea Inglese. Ma la questione non si limita alla presenza “francese” di Cattafi. Nel 2015, sul blog letterario "Samgha", Jesús Díaz Armas e Valerio Nardoni hanno presentato cinque splendide traduzioni in spagnolo di Cattafi, mentre l’anno scorso su "Isla negra" altre traduzioni spagnole di Cattafi sono uscite a cura di Gabriel Impaglione. In tedesco, dopo che nel 2000 Franziska Meier aveva tradotto Cattafi sulla rivista "Akzente", sono disponibili on line le traduzioni di Raoul Schrott. Alle volte siamo noi stessi a rimanere sorpresi perché alcuni di questi traduttori, come Impaglione, ci contattano attraverso il sito e ci propongono le loro versioni appena uscite senza che noi ne sapessimo nulla. Al di là dei meriti, tutto questo dà riprova di un fermento importante. Negli Stati Uniti, Cattafi è stato recentemente compreso in un’antologia della poesia italiana contemporanea, intitolata The FSG Book of Twentieth-Century Italian Poetry: An Anthology, curata da un traduttore di fama internazionale come Goeffry Brock. Il volume, uscito nel 2012 per Farrar, Straus & Giroux, l’importante editore di New York, è un altro importante tassello che comprova l’attenzione nei confronti della poesia di Cattafi nel mondo. Va anche detto che Cattafi ha sempre avuto un posto speciale nella cultura americana e anglosassone, a partire dalle celebri traduzioni di Ruth Feldman e Brian Swann degli anni Settanta, a quelle di George Kay, fino alle più recenti versioni di Rina Ferrarelli (Winter Fragments, 2006). Ma sempre prendendo il 2000 come ideale punto di partenza per considerare la presenza cattafiana in traduzione, non possiamo non citare le traduzioni inglesi di Brian Cole (Anthracite, 2000). Last but not least, come si dice, la diffusione della poesia Cattafiana grazie all’opera di Mladen Machiedo, che negli anni Settanta e Ottanta ha tradotto Cattafi in croato, diffondendolo nell’allora territorio jugoslavo. Sempre Machiedo, nel 2012, ha pubblicato un’altra antologia in croato della poesia di Cattafi intitolata Sutra, riportando così l’attenzione sull’attualità della sua lingua. Possiamo dire che le continue traduzioni che vengono proposte, parziali o complete che siano, comprovano la questione più cogente della lingua poetica cattafiana. Come è stato più volte notato ma forse non ancora del tutto approfondito in ambito critico, la poesia di Cattafi ha avuto un vantaggio sulla storia: quello di non essere una lingua particolarmente storicizzata o legata a un momento. Se noi oggi leggiamo con fatica buona parte della poesia degli anni Sessanta e Settanta, specie in virtù dei legami tra lingua e ideologia di quel periodo, possiamo senza dubbio affermare che nel caso di Cattafi l’aver escluso (ma solo in modo apparente) la storia ha in qualche modo “salvato” i suoi testi.

Un lavoro a olio di Cattafi

LB: Molto interessante, da quello che si può osservare nel sito, è pure l'opera grafica del poeta, in questo vicino ad altri poeti-pittori del secolo scorso (penso a Scialoja o a Montale stesso). Su questo versante cosa potete dirci?
Ada: Poco dopo il nostro matrimonio in Scozia, avvenuto nel mese di giugno del 1967, lasciammo Milano per passare l’estate in Sicilia ospiti degli zii Enrico e Viola Barresi nella loro villa in Contrada Mollerino a Castroreale Terme (oggi Terme Vigliatore). Il soggiorno siciliano si protrasse a lungo perché decidemmo di restaurare una vecchia casa colonica vicina a quella degli zii nella quale mio marito, da bambino, era solito trascorrere con la madre le vacanze scolastiche. Terminati i lavori all’inizio del ’69, ci trasferimmo nella dimora ristrutturata. In quel periodo Bartolo, che dal ’63 non aveva più scritto una poesia, dette sfogo alla sua creatività dipingendo olii su tela, acquerelli e disegni a china.
Nella sua recente monografia (La «parola illimitata» di Bartolo Cattafi, Aracne, 2016) Silvia Freiles sostiene che «se non possiamo sapere con esattezza il motivo della sospensione del verseggiare, conosciamo però quello dell’inizio del dipingere che non si configura come un ripiego, ma come un’ennesima emergenza, una necessità interiore.” La studiosa individua “in questo ritrovato coraggio di esprimere le forme e i colori, solo immaginati attraverso i versi, la ragione del salto verso la pittura».
In effetti Bartolo aveva dichiarato in un’intervista rilasciata a Enzo Fabiani: «Da bambino facevo gli acquerelli; poi intervenne la coscienza, il pudore e restai bloccato. Per anni covai la libidine delle forme, dei colori e dei miei sogni, ma sterilmente. Poi nell’autunno del ’67, per disperazione strizzai i tubetti ad olio, irrorai di acqua ragia l’impasto e a testa bassa mi misi a lavorare di spatola» (In Sicilia a caccia di sirene, «Gente», 22 luglio 1972).
Stefano Prandi, in una nota al suo saggio sull’opera di Cattafi, riporta quanto il poeta scrive a Piero Chiara nel ‘67: «Novità: dipingo. Ma non ne so nulla, dipingo e basta (…) faccio tutto con le spatole: spalmo il foie gras, la crema pasticciera e i colori; mi raschio il fango delle scarpe. Oramai sono decine i quadri e lavoro al buio, fisiologicamente. Se poi devo dirti una mia impressione, l’astratto che faccio mi sa sempre di figurativo» (Da un intervallo del buio. L’esperienza poetica di Bartolo Cattafi, Manni, 2007, pag. 129).
Esauritosi l’estro pittorico, Bartolo fece incorniciare gli olii e, caricatili sull’auto, li portammo a Milano per un mini vernissage con cena presso il ristorante “Il girarrosto” di Corso Venezia. Gli invitati erano Vittorio e Maria Luisa Sereni, Marco e Paola Forti, Giovanni e Bianca Raboni, Luciano e Mimia Erba, Vanni Scheiwiller e Gillo Dorfles. Prima di congedarli, offrì a ciascuno un quadro in omaggio.
Le opere grafiche in mio possesso sono state riprodotte e pubblicate in Cattafi artista, a cura di Nino Sottile Zumbo, Edizioni Fiumara d’Arte, 2006.


LB: Bartolo Cattafi può contare in quello che, con un'espressione forse non entusiasmante, potremmo definire uno "zoccolo duro" di lettori. Vi domando però di pensare a chi non ha ancora letto la sua poesia. Quali sono a vostro avviso i grandi temi su cui declinare la sua produzione e quali i motivi di interesse proprio in riferimento a questi temi?
DB: Cattafi, come sempre succede nel caso della vera poesia, gira attorno a un unico grande tema che è quello della vita e lo declina di volta in volta secondo i termini di una vera a propria fissazione. Si tratta di una poesia che va tanto in alto quanto in basso, che tocca letteralmente «l’osso» e «l’anima». In una intervista televisiva per l’uscita di Marzo e le sue idi (disponibile sul sito a questo indirizzo), Vittorio Sereni descriveva una tale fissazione nei modi di una «proliferazione infinita che non ha temi diversi dall’una all’altra poesia ma oggetti diversi e soprattutto punti di vista diversi da cui guardarli». Credo che la sensibilità di Sereni colga il punto della questione e risolva il problema dell’identità del lettore presente o futuro. Mi è capitato nel corso di questi anni, sia in ragione del sito che curo con Ada Cattafi sia per il fatto che continuo a studiare e a intervenire sulla poesia di Cattafi, di vedere una sola, identica reazione entusiastica. Chiunque entri in contatto con quella poesia ne rimane quasi incantato, imbambolato, per la sua “forza di direzione”, ossia la capacità di andare, dardeggiante, sempre al punto. La qualità visionaria e allucinatoria della poesia di Cattafi, di cui sempre parlava Sereni («poesia visionaria nella quale rientra un certo gusto neogreco»), ti rapisce e proietta sulla superficie sottile delle cose, quella che sta tra terra e aria. C’è qualcosa di universale e anche di archetipico in Cattafi. Per cui, a mio parere, il solo consiglio che si può dare al nuovo lettore è quello di lasciarsi trasportare dalla forza insita in quei versi, e di “non” andarci piano. 


LB: Come molti altri scrittori, Cattafi si cimentò col giornalismo e le prose di viaggio o reportage. Chi tra voi vuole illuminare questo aspetto? (Ricordo che uno dei pochi libri in commercio di Cattafi attualmente è Le isole lontane.)
ADA: Tra le carte del Fondo Cattafi sono presenti alcuni scritti in prosa sfuggiti alla severa censura dell’autore (cfr. Diego Bertelli, Qualcosa di altrettanto preciso: l’esperienza del diario nella poesia di Bartolo Cattafi, in Viaggio al termine della scrittura [di prossima uscita per Le lettere, Firenze]). Si tratta di brevi racconti dattiloscritti senza datazione, selezionati e pubblicati da Paolo Maccari in appendice alla sua monografia (Spalle al muro. La poesia di Bartolo Cattafi. Con un’appendice di testi inediti, Società Editrice Fiorentina, 2003), che risalirebbero dall’immediato dopoguerra fino al soggiorno di Cattafi a Parigi nel 1954 con Luciano Erba e Deri Cappellin, dedicatari di Una stanza in Rue de Seine, la poesia che chiude la plaquette Partenza da Greenwich edita nel 1955.
Nel volumetto Le isole lontane. Scritti di Bartolo Cattafi, GBM, Messina 2008, Nino Sottile Zumbo ha raccolto le prose di viaggio Sbarcare a Londra, Ordinata campagna inglese e Viaggio in Inghilterra, apparse sul quotidiano «L’Ora» di Palermo negli anni 1952-’53, Le isole lontane (Salina, Filicudi, Alicudi, Lipari, Ustica, Favignana, Marettimo, Pantelleria, Lampedusa, Linosa), rivista «Pirelli» n°.3, 1955 e La montagna leggera, reportage sull’estrazione della pietra pomice a Lipari, rivista «Pirelli» n°. 6, 1956, A Castroreale, uscita sul n°. 60, 1960 della rivista «Quattroruote», Santa Lucia e Rometta, che risulterebbero non datate né edite, Lo Stretto di Messina e le Eolie, apparso come introduzione all’omonimo libro fotografico dell’Automobile Club d’Italia nel 1961.
Paolo Maccari, introducendo Le isole lontane, sottolinea «la stretta relazione tra la scrittura giornalistica di Cattafi e la sua poesia, fin quasi alla sovrapposizione», la tendenza a «un’indagine di specie sociologica, con grande interesse per le attività e gli strumenti umani (…), con quel linguaggio da “design industriale” individuato da Luigi Baldacci a proposito de L’osso, l’anima» e conclude che «Cattafi non diventerà mai l’inviato che, a un certo punto avrebbe voluto diventare, e questi scritti lo dimostrano, avrebbe potuto essere. Il progetto vitalistico non per questo viene abbandonato: Cattafi sarà infatti un grande viaggiatore, in senso proprio e figurato».

Cattafi in un disegno di Luca Crippa

LB: Tutto questo lavoro, in parte già pronto e organizzato nel sito, potrebbe preludere a un libro "tutto Cattafi" che in fondo è lecito aspettarsi. A che punto siamo? Non siamo qui per lamentare l'ennesimo poeta dimenticato dal sistema editoriale italiano ma semmai per invitare alla ricerca delle sue poesie, anche a partire dal sito già ricordato e per auspicare un rinnovato interesse editoriale. Insomma, proprio sul fronte editoriale, cosa ci si può aspettare da qui a qualche anno? (Ricordiamo che tra non molto, nel 2019, cadrà il quarantennale della morte.)
ADA: Ho atteso inutilmente che la Mondadori pubblicasse tutte le poesie di mio marito in un super Oscar; ne avevo parlato con l’allora direttore della collana, Antonio Riccardi. Sembrava cosa fatta. Invece l’editore storico di Cattafi ha lasciato scadere i diritti. Questo fatto mi è molto dispiaciuto. Ora sto aspettando la risposta di un altro editore e mi auguro che il progetto vada finalmente in porto, perché sempre più spesso registro lo stupore e il rammarico dei suoi estimatori per l’irreperibilità dei testi cattafiani.
Mi sono interrogata sui motivi di queste resistenze, ma è sempre molto difficile riuscire a dare una risposta che giustifichi determinati giudizi storici su un autore. A me pare che la sua poesia, da lui definita cruento atto esistenziale, si configuri come un accorato ma implacabile esame di coscienza, personale ed epocale, che meriterebbe di essere ancora proposto nel contesto culturale contemporaneo.
Vorrei concludere citando un’intervista di Diego Sergio Anzà sulla «funzione della poesia oggi, in un’epoca così materializzata, tecnicizzata e meccanizzata». Cattafi risponde: «Non abdicare alle forze dello spirito, possedere un’ovvia carica di denuncia, di protesta, essere infine un fattore umanizzante contro quelle forze che tentano di imprigionarci e di avvilirci sempre più» (La mia sicilianità è biologico-culturale, «Gazzetta del Sud», 30 gennaio 1973).

LB: Per concludere, vorrei tornare ai testi e chiederei a ciascuno di voi di scegliere una poesia di congedo. Grazie. 
Ada: A sostegno della mia ipotesi sui motivi dell’insufficiente ricezione dell’opera cattafiana scelgo come poesia di congedo un componimento di Marzo e le sue idi:

Luce


Come avanza la luce
a onde
a segmenti
a spezzoni
fluttuazioni
a shrapnel
a trance rotolanti
a gorghi alla van gogh
a trucioli che si srotolano
a sberle in faccia
a ditate negli occhi
colpi bassi
tutto colpito
ci vuole stomaco
fegato per la luce.

Diego: La poesia che ho scelto si intitola Niente. Si tratta di uno di quei testi che riescono a scaricare la tensione esistenziale che ogni poesia dovrebbe accumulare come una carica elettrostatica. Il testo è inedito e risale al periodo de L’osso, l’anima. Paolo Maccari lo scelse tra una serie di poesie escluse dalla raccolta del 1964 e lo mise in appendice alla sua bella monografia Spalle al muro. La poesia di Bartolo Cattafi, Firenze, SEF, 2003.


Niente


È questo che porti arrotolato
con cura, piegato
in quattro, alla rinfusa
sgualcito spiegazzato
ficcato ovunque
negli angoli più oscuri.
Niente da dichiarare
niente
devi dire niente.
Il doganiere non ti capirebbe.
La memoria è sempre un contrabbando.

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